Le ernie della parete addominale sono cedimenti della parete addominale dove gli organi mobili contenuti nella cavità addominale (anse intestinali, epiploon) possono impegnarsi, con conseguenze che possono risultare pericolose per la vita. Le ernie sono classificate in base alla loro posizione rispetto alla parete addominale (ernie epigastriche, ernie ombelicali, ernie inguinali, etc.); possono risultare come la complicanza di una precedente incisione laparotomica (ernie post-incisionali o laparoceli). Tra le altre cause che inducono la formazione di ernie ricordiamo: la vecchiaia, il diabete, una terapia a base di steroidi.
L’obesità è una delle cause predisponenti maggiormente associate alla formazione di ernie. Infatti, a causa dell’aumento della pressione intra-addominale tipica dei soggetti obesi, le anse intestinali e l’epiploon sono spinte attraverso questi punti di debolezza della parete verso spazi a minore pressione. Il risultato è una estroflessione della parete addominale ricoperta dai soli tegumenti (epidermide, derma) e da un sottile strato di tessuto sieroso chiamato “sacco dell’ernia” e dunque non protetta dal resistente strato muscolare che compone la parete dell’addome. Quando la porta dell’ernia, cioè il punto di passaggio più stretto nella parete addominale, è di dimensioni piccole si può verificare che un’ansa intestinale rimanga intrappolata in tale difetto; ciò la sottopone a fenomeni di sofferenza che arrivano fino allo strozzamento o all’occlusione intestinale, condizioni che necessitano di tempestivo intervento chirurgico.
La sintomatologia è spesso assente, con dolore che sopraggiunge solo in caso di impegno e sofferenza di un’ansa o di una frangia epiploica, con l’obiettività di una tumefazione espansibile all’aumento della pressione addominale e con un alvo che può variare da un alvo aperto all’alvo alterno (periodi di stipsi alternati a diarrea), in caso di ernia intermittente, fino all’alvo chiuso per occlusione.
La diagnosi si avvale dell’esame obiettivo e si può giovare dell’ecografia e della TAC della parete addominale utili nel sospetto di ernie multiple o pluriconcamerate.
La terapia dell’ernia deve mirare alla riparazione del difetto di parete e contemporaneamente eliminare le cause predisponenti alla formazione dell’ernia stessa. Questo è valido soprattutto per i soggetti obesi dove la grande pressione intra-addominale rende più difficile la riduzione dell’ernia in addome e facilita la comparsa di recidive. In tali soggetti la riparazione dell’ernia non prescinde dalla cura dell’obesità e va associata ad un intervento di chirurgia bariatrica o va posticipata all’intervento anti-obesità in attesa di un adeguato calo di peso. In entrambi in casi, per ernie di piccolo diametro, la tecnica chirurgica laparoscopica si è dimostrata sicura ed efficace al pari della laparotomica e può prevedere sia la chiusura diretta del difetto erniario sia l’apposizione di una protesi endoperitoneale che vada a chiudere tale difetto.
L’approccio chirurgico dovrebbe essere in ogni caso eseguito prima che si manifestino i segni di sofferenza intestinale e prima che si verifichino fenomeni infiammatori di aderenza che rendono l’ernia tenacemente adesa alla parete addominale. Talvolta questi cedimenti della parete addominale vengono anche trattati chirurgicamente a distanza di tempo (anche 1 o 2 anni) dopo la procedura anti-obesità quando per la eccessiva pendenza dell’addome o per inestetismi cutanei occorre procedere ad Addominoplastiche ed Addominolipectomie ricostruttive. Tali procedure, pur avendo finalità prevalentemente ricostruttive, tendono ad ottimizzare anche la cosmesi della parete addominale e completano così il ciclo riabilitativo del paziente obeso operato, restituendolo appieno alle attività sociali, lavorative e sportive.
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